Il gruppo bergamasco Gervasoni sperimenta un iniettore misto col diesel su mezzi pesanti. Nata in un garage di 20 metri quadrati nel 1961 per volontà di Bono Gervasoni, fondatore della società che oggi guida insieme al figlio Graziano, l’azienda bergamasca conta circa 350 dipendenti suddivisi in Val Brembana e a Plovdiv in Bulgaria, dove opera sotto l’insegna Stratus
Filippo Merli23/12/2024
Il settore dell’automotive non se la passa granché bene. Anche in un momento di crisi, però, il made in Italy, grazie a una buona dose di coraggio imprenditoriale, è ancora un riferimento per colossi come Volkswagen, Ford e Bentley, che si rivolgono alla Val Brembana per la minuteria metallica. È la specialità del gruppo bergamasco Gervasoni, che da qualche mese sta sperimentando un iniettore misto tra diesel e idrogeno per i motori del futuro.
Nata in un garage di 20 metri quadrati nel 1961 per volontà di Bono Gervasoni, fondatore della società che oggi guida insieme al figlio Graziano, l’azienda bergamasca conta circa 350 dipendenti suddivisi tra i due plant di Brembilla e Laxolo e il sito di Plovdiv, in Bulgaria, dove opera sotto l’insegna Stratus.
«L’85% della nostra produzione è destinato all’export», ha spiegato Luca Milani, responsabile vendite e marketing di Gervasoni. «Negli ultimi mesi stiamo pagando il periodo poco felice per l’automotive e ci troviamo in mezzo tra fornitori e clienti, senza tutele di alcun tipo. Con le case automobilistiche abbiamo contratti annui entro i quali vengono stabilite le condizioni generali: prezzi, termini di consegna, quantitativi. Sulla base delle previsioni ordiniamo la materia prima, che ci viene consegnata dopo mesi. Nonostante i programmi, però, i clienti possono cambiarli se non azzerarli: a quel punto il pezzo lo dobbiamo tenere noi a magazzino, con tutti i rischi del caso».
No, non è un periodo facile per l’automotive. Ma dalle parti di Bergamo sanno come rimboccarsi le maniche. Nonostante la crisi del comparto Gervasoni non ha rinunciato agli investimenti in ricerca e sviluppo, che dopo i componenti per i motori elettrici l’hanno portata a produrre un prototipo di iniettore destinato a quelli a idrogeno.
«Il tutto è nato da un lavoro per un cliente che ci aveva chiesto di sviluppare un iniettore misto tra diesel e idrogeno da montare su alcuni mezzi pesanti», ha raccontato Milani. «Siamo arrivati a un prototipo fatto con materiali particolari idonei all’idrogeno, che richiede alti standard qualitativi e di sicurezza. Al momento sono in corso le prove sul campo: aspettiamo i risultati e poi potremo passare alla produzione in serie».
«È un settore sul quale ci sentiamo di scommettere. Crediamo che tante case punteranno su questa tecnologia in futuro, anche se non sarà l’unica. A oggi stiamo vivendo una fase iniziale come quella attraversata dall’elettrico, fatta di bassi volumi e prezzi alti: riteniamo che quando i fattori si invertiranno l’idrogeno potrà prendere una buona fetta di mercato».
Tenacia e innovazione. Ecco perché Volkswagen, Ford e Bentley (ma anche Lamborghini, Marelli e Magna) continuano a rivolgersi ad aziende come Gervasoni. «Il made in Italy è ancora molto ricercato nei prodotti di nicchia», ha detto ancora Milani. «Di norma le aziende metalmeccaniche che fanno torneria non sono strutturate come noi, con macchine tecnologicamente così avanzate».
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